“Era una persona seria. Passava il suo tempo giocando”!

        Quando incontri una frase così, scopri quanti modi diversi ci siano di stare a questo mondo. E anche come sarai al momento di lasciarlo.

        Non so a chi si riferisse Lewis Carroll, l’autore per intenderci di Alice nel paese della meraviglie, ma in ogni caso la persona in questione doveva essere davvero straordinaria.

       Giocare. A lungo, per giunta. Ah sì, è così che si è veramente persone serie! Di una serietà genuina.

       Ma pensa! Chi l’avrebbe mai detto? E Albert Einstein riteneva addirittura che il gioco fosse un ingrediente del successo. Irrinunciabilmente per giunta, altrimenti l’equazione non dà più il risultato matematico di una vita felice.

       Diceva infatti: “Se A è uguale al successo, allora la formula è: A uguale a X più Y più Z, dove X è il lavoro, Y il gioco, Z il tenere la bocca chiusa”.

      Ci vuole dunque divertimento, spasso, svago a condire l’impegno con quella distensione che solo il gioco regala. Occorre divertirsi come lo sanno fare i bambini perché il successo vero è solo esultanza della vita.

     Il gioco è potenziante perché esprime una condizione di fiducia in se stessi. Aver voglia di giocare rivela uno stato d’animo ottimistico capace di trasformare le situazioni con buon umore. Gli ostacoli perdono il loro carattere limitante e diventano semplici opportunità per risultati ancora migliori.

    Nel gioco ci si diverte perché è bandita ogni paura. E al successo vero si arriva perciò se non si ha paura. Di vivere. D’altro canto il gioco è una grande metafora: la libera ri-creazione del mondo da parte di menti e di cuori fanciulli. Noi grandi ci divertiamo con giochi organizzati e spesso li carichiamo di agonismo: l’intensità sportiva tra amici è di sicuro bella. Il gioco però è fondamentalmente uno scherzo e contrastaproprio con quella serietà che maschera sovente un cuore infelice.

Se gara è, tutto si svolge in allegria e letizia, come si addice a qualcosa che è vissuto come ri-creazione. Nel senso letterale, appunto di un’esperienza creativa. Di se stessi innanzi tutto.

In fondo, ridere è solo una conseguenza del giocare.

Cosa dici? Giochiamo un po’?