Non c’è scelta se non scegliere l’Etica. L’Etica della Felicità. Sono convinto che è nei momenti di difficoltà che può uscire più forte e determinata la nostra umanità. Sì, perché quella che viene chiamata “emergenza” non è una situazione sanitaria o sociale. Si tratta di qualcosa di molto più denso, simbolicamente più devastante, si tratta di una percezione psicologica di te… e di te nel mondo. Il vero virus patogeno è appunto  è l’estensione di un momento critico particolare ad uno stato di consolidata normalità generale. Ed è questo il momento dove esce il carattere rivoluzionario dell’Etica della Felicità.

      Certo, puoi pensare come il poeta che “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” e se sei per il senso precario e tragico della vita, allora in questo stato di cose ci puoi sguazzare: sei a casa. Ironia. E nessuno ti biasima se ti trovi bene in quell’ampia e nobile tradizione letteraria riassunta nella metafora del meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto.  E se “andando nel sole che abbaglia” ti capita di  “sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita un sol travaglio” non fartene una colpa, è il prezzo da pagare a tanti secoli di ottimo catechismo dal quale siamo quasi tutti stati segnati.

     Ma possiamo scegliere qualcosa di diverso. Perché una delle parole magiche di una vera Etica è: scelta. Consapevolezze e volontarietà scrivono le battute di una nuova musica. Non più in balia di condizionamenti e narcosi, ma una coscienza addestrata al Bene. Il risveglio del Guardiano della soglia sarà implacabile contro ogni menzogna: spada di luce sguianata a difesa di ogni disumanità.

    Da questo oggi si esce più forti e più umani se cerchiamo apprendimento dall’esperienza e passiamo dal lamento e dalla critica alla focalizzazione su un Nuovo Umanesimo Eticratico. E sappiamo che l’energia va dove va l’attenzione. A cosa dovremo stare attenti? Chi dovremo temere ancora?

    Niente e nessuno se agiamo con rettitudine. Se amiamo il Bene.

   Allora, con il cuore libero da timore, portiamo la nostra attenzione nella sola direzione che meriti vero e supremo interesse: rivolgiamo lo sguardo verso la Felicità.

    Questa è l’attività suprema, fine a se stessa! Sapienza purissima, cristallina,  coniata agli albori della civiltà, quando ancora si aveva la percezione sincera della divinità della natura umana. Aristotele dichiarava apertamente che “tutti gli esseri hanno in sé qualcosa di divino”. Lo si scriveva quasi 2500 anni fa quando l’attenzione era per il Bene: l’attenzione delle menti migliori andava lì, e da lì usciva l’energia per ispirare modelli di comportamento che trovavano nella Felicità l’azione ultima di ogni umana attività: sempre il Filosofo aveva capito davvero tutto (o quasi): “esercitare liberamente il proprio ingegno: ecco la vera felicità!

    Si discuteva del Bene, senza attardarsi in chiacchiere e banalità. E non solo quello supremo: si cercava il bene per l’uomo, qui e ora. Non in un incerto aldilà dato che si considerava che la vita non avesse altro senso se non quello di essere vissuta felicemente. Non erano degli ingenui sprovveduti, avevano capito la meraviglia della vita umana anche se neppure  a quei tempi tutto era – come si dice – rose e fiori. Tuttavia non si conoscevano peccati originali, né colpe da espiare né obblighi morali  incomprensibili: il benessere personale e sociale aveva una sola grande ricetta: la virtù.

    Parola potente come poche altre che – ahimè – è andata via via nel tempo spogliandosi della sua purezza razionale ed emotiva per rivestire i panni religiosi che più non avevano la primigenia eleganza.

    Ci siamo abbruttiti? I confronti con età auree possono ingannare anche se pare difficile negare che qualcosa ha offuscato la luce nei nostri occhi. Perché si ha paura a parlare della felicità? Anni e secoli di filosofia e di letteratura e poi ancora di scienza e di tecnica per vagare su sentieri che ci hanno portato lontano dalla nostra vocazione alla felicità. E dopo quasi dopo due millenni di morale cristiana, un altro genio del pensiero si rese conto che non si poteva stare senza un’Etica filosofica, laica, che riportasse l’uomo al centro della proprio destino. Il suo sforzo fu quasi titanico per ridare dignità all’uomo che “sempre avrebbe dovuto essere considerato come fine e mai come mezzo”, ma ormai l’Etica della Felicità era stata assassinata. La nuova parola magica era: Dovere! Il Tu devi kantiano ha avuto certo qualche merito, ma ormai l’attenzione andava sull’imperativo categorico e l’energia che ne è seguita ha scaturito obblighi, costrizioni… e tante leggi. Ne paghiamo ancora il prezzo.

    Qualcosa è arrivato fino ai nostri giorni e così siamo divisi tra la morale fatta di precetti religiosi e dall’altra la semplice conformità alla volontà della legge. A essere sottili, nel corso dei secoli è accaduto qualcosa di silenzioso che si è insinuato quasi nel DNA: aver lasciato intendere che la felicità qui – nel pellegrinare terreno – è prerogativa solo di qualcuno, in nome di una qualche legittimità che seleziona qualcuno alla ricchezza e altri alla miseria (non solo in senso finanziario.  Però, c’è un paradiso di libertà per tutti nell’aldilà a compensare la schiavitù cui rassegnarci, essendo nati con la punizione di dover guadagnare il pane con il sudore della fronte. Una vita di castigo, insomma, per il quale possiamo solo o la sfortuna o una natura matrigna.

   Forse non è proprio così e il film in circolazione è una pellicola contraffatta. Poco importa.

   Possiamo ora riprendere la nostra vita. Sta a noi rialzarci dal torpore narcotico delle menzogne e desiderare la vita che vogliamo. Introduciamo novità e facciamolo presto con l’Etica della Felicità.

   Proviamo a ridisegnare una vita personale e una convivenza segnate dalla Virtù. Essa ha il profumo del Bene, del Bello e del Giusto. Ciò di cui abbiamo immenso bisogno.

   So che ci sono opinioni diverse, ma io sono tra coloro che credono che il caso non esista. Nessun fato, nessun destino crudele. Nulla accade per caso: siamo nell’armonia di cause ed effetti, che possono certo anche avere suoni cacofonici perché cause malsane hanno generato effetti nefasti. Ma nulla è irreversibile quando si comprende il mondo come esperienza cosciente intrinsecamente buona.

   Sulla spinta di un immenso impegno scientifico degli ultimi secoli, l’umanità sta evolvendo gradatamente verso una comprensione della divinità sempre meno personale per accogliere la visione di un universo elegante,  costituito e retto da leggi precise e attive perennemente senza capricci o debolezze. Forti di questa nuova visione del mondo dotato di un senso e di una meraviglia che  la scienza non smette di mostrare, oggi noi possiamo scegliere di diventare persone migliori ed essere co-creatori di un futuro per chi verrà. Compiamo dunque la scelta coraggiosa di orientare la nostra vita alla Felicità, esercitandoci nel gustare la vita nei suoi doni perché nulla c’è da meritare quando tutto è un diritto di nascita.

    Cosa abbiamo sbagliato nei tanti anni di civiltà malata di ineguaglianze e ingiustizie? Probabilmente ci siamo sottostimati, svendendo la nostra regale dignità per un piatto di lenticchie. Miopia, aver pensato che la vita fosse tutta lì, nell’elemosina concessa a mendicanti spaventati e insicuri. Poi, quando qualcosa sembrava andare meglio, abbiamo cominciato a inebriarci di feticci e di surrogati dimenticando il nostro diritto ad essere felici. Fretta, malanni, solitudine, stanchezza, avvolti in nebbie e ombre, sempre più lontani da noi stessi.

    Allora ecco. Riportiamo alla base della nostra convivenza la Virtù. Perché dovremmo? Affinché i nostri bisogni trovino vera e genuina soddisfazione. Ci sarà modo di sviluppare il tema dei bisogni nel corso delle Lezioni di Filosofia e al momento basti qui la semplice considerazione che quei comportamenti che chiamiamo vizi posso essere anche interpretati come reazioni a bisogni insoddisfatti. E’ stata fatta una piramide dei bisogni, da quelli fisiologici fino all’autorealizzazione: e se il disagio diffuso non fosse altro che la frustrazione del bisogno viscerale di ogni essere umano di essere felice?

   Usciamo dallo stato di minorità e iniziamo la risalita. Con l’Etica della Felicità.

    Ecco un possibile percorso per riappropriarci di noi stessi e della nostra umanità per tanto tempo vilipesa. Reagire allo status quo è un dovere verso le generazioni che verranno. Va fatto adesso. E senza cedere alla tentazione di cercare colpevoli delle nostra situazione anche essa è forte. Assumiamoci la responsabilità di chi siamo. Esercitiamo già subito la virtù della magnanimità!

    Iniziamo l’avventura in una vita Etica. Durante le Lezioni di Filosofia del ciclo “Dentro e Oltre” sto sviluppando un possibile percorso che tocca questi temi:

  1. Diamo uno scopo alla nostra vita: la Felicità
  2. Coltiviamo la fiducia illimitata in noi stessi
  3. Agiamo cercando il bene per tutti
  4. Cerchiamo sapienza e saggezza con il concetto di contemplatio
  5. Coltiviamo quanto più possibile l’amicizia.

    Possiamo essere il primo paese al mondo a generare l’onda etica della Felicità.

    Cominciamo con il mettere in atto una delle grandi Virtù Etiche: il Coraggio.

    Un abbraccio,

    Mauro Turrini