Uscire dalla zona di comfort! Lo si sente dire.

     Che cos’è la zona di comfort? Come uscirne per raggiungere i tuoi obiettivi?

     Detto senza tanti giri di parole, la zona di comfort è quella in cui “te la racconti”, mentre sei seduto e sedato e guardi il tuo film. E mentre, attraversato non di rado da un velo di apatia per le opportunità che la vita ti offre, tieni gli occhi da pesce lesso sullo schermo. Contrariamente alle apparenze, non sei proprio neanche così comodo, per altro, perché un’ombra di insoddisfazione sembra avvolgerti, scena dopo scena. Ma non per il fatto che sei del genere a cui non va bene niente: no, solo non sai che sei causa del tuo mal. E non ti resterebbe, perciò, che piangere te stesso.

       Ho caricaturato un poco e possiamo di sicuro farla anche meno tragica. Di suo, il comfort, in inglese (che viene dal francese antico confort)  suona come “ciò che dà forza, dà soccorso” e ti porta nel mondo delle comodità, dell’agio. In senso anche molto concreto, designa le comodità materiali, il complesso di impianti, installazioni e arredi accessori occorrenti a rendere agevole e organizzata la vita quotidiana.  

       Se di comodità dunque si parla, lasciamo stare le lacrime e stai lontano dal piangerti addosso. Se consideriamo il comfort, secondo una possibile definizione, come “l’insieme di sensazioni piacevoli derivanti da stimoli esterni o interni al nostro corpo, che ci procurano una sensazione di benessere in una determinata situazione”, allora perché mai si dovrebbe uscirne?

      A dire il vero, siamo nel mondo delle sensazioni e della soggettività pura e quindi starebbe a ciascuno decidere di sé e da sé. Qualcuno ha una definizione di comfort oggettivo? Basta dire che si tratta della semplice assenza della sensazione di “fatica”, che può essere muscolare o mentale o spirituale o sociale? O totale? Non saprei dire. Un fachiro seduto sui chiodi che sensazioni ha? Di fatica o di piacevole godimento?

     Sei chiamato ancora una volta a fare delle scelte. A partire dal silenzio attorno e dentro di te per ascoltarti e dare voce al tuo disagio. Se c’è, probabilmente è accompagnato da affaticamento di varia natura. Indizio, non da non trascurare. Ti ritrovi stanco? Hai un vantaggio secondario dalla tua stanchezza?

     Non so se hanno un senso anche per te queste osservazioni, ma quanto a me ti posso dire che la zona di comfort è la meno confortevole che conosca. Condivido con te tre riflessioni che ho fatto a questo riguardo a partire dalla mia esperienza:

     Per prima cosa, mi sono accorto che in questo “confortevole” stato ci hanno messo quasi sempre gli altri. Ben inteso, con la nostra più o meno consapevole complicità. Perciò, trovo saggio non incolpare nessuno, né persone né circostanze per la nostra situazione presente. In quella zona ci troviamo perché lo abbiamo voluto o accettato in nome di un qualche beneficio collaterale, palese o occulto. Ambiente, Comportamenti, Competenze, Convinzioni … ed ecco fatto! Per semplice tradizione. O inerzia. Ci sei dentro. Ci stai o vuoi uscirne?

     Inoltre, il grande Seneca diceva che la fortuna aiuta gli audaci; il pigro si danneggia da solo. Una bella faccenda, amico mio! Valuta tu, ma sappi che la posta in gioco è alta. Qui si tratta della missione universale di ogni essere umano: diventare se stessi. Nella zona di comfort avuta in eredità non lo si è quasi mai se stessi. Può essere impegnativo assumersi finalmente la responsabilità della propria vita, ma con che beneficio.

     Terzo. È tempo di volare. Ti ricordi il Gabbiano Jonathan Livingstone? Ecco, qualcosa del genere. Lo sai che è una scelta con conseguenze importanti e ti troverai esposto al giudizio di molti. Trascinato davanti alla suprema corte dei saccenti, ti verrà rimproverata l’imprudenza che hai compiuto, lo sgarro insensato con cui hai osato la diversità. Coscienza o reputazione? Vedi tu, ma una volta voltato pagina sulla storia di quella scomoda posizione sarai un altro. Sarai Tu.

    Nel silenzio, un voce mi sussurrò: “Sì! Forza, dunque, vattene da lì il prima possibile”.

    Grazie, voce amica.

    Un abbraccio,

    Mauro Turrini