Aveva le idee ben chiare riguardo al riso, il venerabile Jorge, uno dei protagonisti del famoso romanzo Il Nome della rosa. 

Una visione che lascia poco scampo a qualunque tentativo di ilarità. Come a dire: “Non provateci neppure!”.

Ricordate la scena di quando Jorge de Burgos entra nello scrittoi dove i monaci copiavano i manoscritti gridando il suo monito severo: “Non pronunciate parole vane che inducono al riso”.

Val la pena rivedere questo dialogo tra lui e James Bond (pardon, Guglielmo da Baskerville).

 

http://youtu.be/FEtfhx9O0S4

 

Non c’è dubbio, molto istruttivo! Parole chiare confermate da una credenza solida.

Certo che siamo in un film e l’arcigno bibliotecario cieco ha qualcosa di caricaturale, ma la mentalità di cui egli è paladino è patrimonio di parte dell’umanità. E non si pensi che si tratti solo di oscuranrismo mediavale! Forse non espressa con parole tanto forbite, tuttavia che lasciarsi andare a ridere sia sconveniente è ancora  istintivo atteggiamento di più d’uno dei contemporanei.

Pensare che il riso sia un vento diabolico che deforma il volto e rende gli uomini simili alle scimmie la dice lunga sull’opinione dei predicatori della serietà che ritengono il loro come solo modo sano di stare al mondo.

Pare però che le scimmie non ridano, o almeno non nelle nostre forme. Sì, il riso è proprio dell’uomo!

Ed è una prerogativa che va rispettata perché sappiamo che la risata è uno strumento che l’evoluzione umana ha selezionato per riequilibrare le funzioni psicologiche e fisiche dell’organismo dell’individuo e degli altri intorno a lui. Di più, ridere va celebrato come forma espressiva di grande portata benefica.

E, caro Jorge, perdersi in scherzi da bambini è tutt’altro che deleterio. La dimensione ludica è una delle componenti fondamentali della buona salute psichica. Attraverso la giocosità infantile si sviluppa l’intelligenza emotiva creando condizioni di vita armoniosa.

Nel film triller tutto il filo conduttore è dato dal manoscritto avvelenato del Secondo Libro della Poetica di Aristotele che circola tra i monaci, incuriositi da quanto il filosofo diceva riguardo alla commedia. Si riteneva perduto. O forse non è mai stato scritto. In ogni caso, quella curiosità è sta pagata con la morte.

Il dialogo nello scrittoio ha il suo tragico epilogo nelle scene finali. Una volta smascherato l’omicida e la trama ordita, nell’ultimo confronto all’interno della biblioteca, Guglielmo chiede al venerabile Jorge per quale ragione temesse tanto quel libro. La risposta eccheggia sorda in quel tempio della cultura: “Perché il riso uccide la paura”. 

Jorge de Burgos pensava che il riso fosse lo sfogo dell’uomo volgare e che ridendo le persone avrebbero smesso di credere e di avere fede, che secondo lui c’è soltanto quando si ha paura.

Era terrorizzato dall’idea che si potesse ridere di tutto. Che si potesse spingersi fino a ridere di Dio.

Sprofondamento del mondo nel caos!

Sai cosa ti dico? Jorge de Burgos si sbagliava. E di grosso anche.

Dalla paura non viene nulla di buono. Grembo sterile. Men che meno la fede genuina. Al contrario la paura è il grande nemico dell’uomo perché lo uccide nella realizzazione del suo sogno.

Oggi al contrario sappiamo quanto faccia bene ridere. Quanto sia salutare al corpo e alla mente. La scienza ci dice quanti benefici la risata riserva al nostro benessere. Noi siamo contenti che la risata sia un antidoto alla paura.

E più che uno sfogo dell”uomo volgare, la risata è un atto d’amore per sé: riscopre la nostra fonte originaria di gioia e di appatenenza alla vita e un atto d’amore per gli altri.

In questa linea, lo scopo spirituale dello Yoga della risata è unire le persone a livello del cuore, in una dimensione di armonia, pace, apertura, comunicazione, senza barriere e pregiudizi.

E con lo Yoga della risata non abbiamo neppure bisogno delle commedie per ridere.

Lo sappiamo fare senza motivo, hahahahahahaha.

Una ridente giornata.

NB: se vuoi sentire le ultime parole di Jorge de Burgos: Il dialogo finale

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